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Sud Sudan: Centinaia di persone fuggite dai combattimenti cercano assistenza umanitaria

Sud Sudan: Centinaia di persone fuggite dai combattimenti cercano assistenza umanitaria
Autore: Redazione Esteri
Data: 17/03/2017

Da fine gennaio circa 30.000 persone sono fuggite dai combattimenti nell’area di Wau Shilluk, nella regione del Great Upper Nile, e ora hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria. MSF, che fino a poco fa gestiva un ospedale in città poi evacuato a causa dei combattimenti, ha avviato una risposta d’emergenza nei dintorni delle città di Kodok e Aburoch, dove si è radunata la popolazione sfollata.

“I bisogni umanitari delle persone in fuga sono enormi e non vengono affrontati”, dice Abdalla Hussein Abdalla, vice capo missione MSF in Sud Sudan. “La maggior parte di loro ha lasciato dietro di sé tutti i propri averi. Hanno camminato per giorni per sfuggire alle violenze e ora hanno un disperato bisogno di acqua, cibo, ripari e assistenza medica.”

 

MSF ha risposto all’urgente bisogno di cure mediche della popolazione sfollata aprendo un ospedale da campo con servizi ambulatoriali, degenza e pronto soccorso ad Aburoch, dove si sono stabilite più di 15.000 persone. Due cliniche mobili stanno operando anche a sud di Kodok, dove parte dei profughi ha trovato riparo. Nelle ultime due settimane, MSF ha svolto circa 300 consultazioni al giorno, un numero di 6 volte maggiore rispetto a prima dell’evacuazione dell’ospedale di Wau Shilluk. 

L’impatto sulla salute della comunità

 

Le persone che si sono stabilite in queste aree hanno ben poco per sopravvivere. Per settimane hanno ricevuto una media di circa due litri di acqua potabile a persona. Anche se negli ultimi giorni ci sono stati dei lievi miglioramenti, la quantità fornita resta comunque inferiore rispetto allo standard che sarebbe necessario per restare in salute in un contesto di emergenza. Tra le famiglie visitate da MSF, più del 90% non dispone di beni essenziali come teli di plastica per proteggersi dal sole o dal freddo durante la notte, taniche per raccogliere l’acqua potabile o pentole per cucinare.

“I nostri medici vedono molti casi di infezioni respiratorie e diarrea acuta, in parte dovuti alle terribili condizioni di vita. Bambini, donne incinte e anziani sono particolarmente vulnerabili in queste situazioni,” afferma Abdalla di MSF. “Se non si costruiscono subito più latrine e non viene migliorato l’accesso all’acqua, crescerà  il rischio di malattie trasmissibili tra la popolazione.”

 

Per la maggior parte delle persone che arriva da Wau Shilluk non è la prima volta. In molti vivevano nella città di Malakal ma sono stati costretti a fuggire a causa dei combattimenti. Alcuni hanno parenti nel Campo per la Protezione dei Civili di Malakal, creato dalla Missione delle Nazioni Unite per il Sud Sudan (UNMISS), ma non possono informarli sulla loro situazione attuale.

Proteggere i civili da futuri scontri

 

MSF è preoccupata per la scarsa assistenza umanitaria fornita e ribadisce il proprio appello a tutte le parti in conflitto perché garantiscano la sicurezza dei civili. “In molti non sanno dove stabilirsi perché temono che violenze future possano costringerli nuovamente alla fuga. È cruciale che vengano risparmiati da ogni altra violenza e che ricevano assistenza nei luoghi in cui hanno deciso di stabilirsi,” dice Abdalla.

MSF è riuscita a visitare Wau Shilluk a fine febbraio e di nuovo a inizio marzo, quando ha fornito assistenza a 47 persone all’interno o nei pressi della città, in particolare anziani e disabili che non erano riusciti a fuggire. Trentotto di loro sono stati portati al Campo per la Protezione dei Civili di Malakal su loro stessa richiesta. Gli altri civili rimasti in città hanno chiaramente bisogno di assistenza e protezione. Agli operatori umanitari deve essere garantita la possibilità di fornire loro l’aiuto di cui hanno bisogno.

MSF ribadisce l’appello al rispetto delle strutture e delle équipe mediche 

Durante l’ultima visita a Wau Shilluk, MSF è potuta rientrare nel proprio ospedale ed esaminare le condizioni della struttura. “Wau Shilluk è stato razziato di tutti i farmaci, inclusi quelli salva-vita, e delle forniture essenziali. Abbiamo lanciato un appello alle parti in conflitto perché rispettino lo status di protezione delle strutture mediche. Purtroppo, il nostro ospedale è in condizioni disastrose. Non ci sono più farmaci per la cura della tubercolosi, dell’HIV/AIDS e del kala azar” spiega Abdalla. “Se le strutture mediche non possono operare in sicurezza, l’intera comunità ne soffrirà.”

Testimonianza: “Nel caos della fuga ho perso mia madre”

Mary Mayik Lual ha 32 anni ed è una madre sola di 5 figli che lavorava nell’ospedale di MSF a Wau Shilluk come addetta alle pulizie. Quando i combattimenti sono iniziati, è stata costretta a scappare dalla città col resto della popolazione per andare a Kodok e poi ad Aburoch dove MSF sta rispondendo all’emergenza.

Il 3 febbraio 2017 ero di turno in ospedale quando i combattimenti si sono fatti più vicini. Sentivo rumore di artiglieria e colpi di arma da fuoco. Nel pomeriggio, ho deciso di lasciare l’ospedale e scappare a nord con il resto della popolazione. Non appena sono riuscita a trovare i miei due figli che vivevano con me, siamo partiti. Dopo aver camminato per ore quella notte, ho raggiunto un villaggio, a circa 13 chilometri da Wau Shilluk. Nel caos, ho perso il contatto con mia madre perché non riusciva a camminare.

Il giorno dopo, abbiamo continuato a camminare fino a quando abbiamo raggiunto un villaggio, 20 chilometri più avanti. A quel punto, ho deciso di tornare indietro per cercare mia madre. È stato spaventoso. Per fortuna, per strada l’ho ritrovata. Ero così felice di rivederla.

Con i miei due bambini e mia madre di 70 anni, mi sono spostata prima a Kodok e poi a Aburoch che si trova a 80 chilometri a nord di Wau Shilluk. Ero davvero preoccupata che i combattimenti ci raggiungessero, perché mia madre e i miei figli non erano in grado di fuggire velocemente e non era disponibile nessun mezzo di trasporto.

Non avevo avuto la possibilità di prendere del cibo prima della fuga, e non c’era acqua a disposizione. Ho deciso di camminare lungo il fiume per prendere un po’ d’acqua, ma durante il tragitto mio figlio minore si è ammalato. Sia lui sia mia madre erano troppo esausti per proseguire. 

Ad Aburoch, trascorriamo i giorni e le notti all’aperto poiché non abbiamo nulla da usare come rifugio. Una famiglia ha condiviso con noi un telo di plastica. Non c’è abbastanza acqua, per parecchie settimane siamo rimasti in attesa di cibo. Dato che le file sono molto lunghe e l’attesa è di ore, a volte mi capita di andare a prendere l’acqua di notte quando la pompa manuale è libera. Ma ho paura per la mia incolumità quando sono fuori di notte.

Questa non è la prima volta che sono dovuta scappare dalla mia casa. Nel 2014, vivevo a Malakal quando è stata attaccata. Era un periodo spaventoso, ho usato la canoa per scappare e raggiungere la riva ovest del Nilo. Quel giorno molti di noi sono fuggiti e una barca piena di donne e bambini è affondata mente attraversava il fiume. Tante persone sono morte.

Durante i combattimenti a Malakal ho perso mio fratello. Durante la nostra fuga, mi sono dovuta separare da tre dei miei bambini, e ci sono voluti dei mesi per ritrovarli a Wau Shilluk.  Non voglio che accada di nuovo.

Per paura di perdere di nuovo i miei figli, ne ho mandati tre in Sudan, dove so che sono al sicuro. Adesso non so dove andrò. Sono stata costretta a spostarmi cinque volte dall’inizio della guerra, e sono stanca di scappare.

 




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